"Fritto è buono tutto", ma alla piemontese è meglio!

E’ dai momenti di difficoltà che nascono le storie più incredibili. Non lo dico io, lo affermano i libri di storia.
E’ dalla povertà che nasce la ricchezza, perché è specchio dei periodi in cui si usa più l’intelletto, per sopravvivenza più che per convenienza.
Pensiamo al significato materiale della macellazione di un animale in passato: un atto fondamentale per la sopravvivenza umana, tanto che, in tali occasioni, venivano organizzate grandi feste. Ed è proprio questa necessità che portava a cercare di sprecare il meno possibile della povera bestia, sacrificata per essere mangiata. La mentalità di cui vi sto parlando, è quella che ha portato l’uomo a consumare anche le parti meno nobili dell’animale, il cosiddetto “quinto quarto” o, più comunemente, le frattaglie.
Tra gli svariati piatti tipici regionali italiani a base di frattaglie, nel nostro Piemonte è presente una ricetta che deriva proprio da loro: Il fritto misto alla piemontese.
Ed è proprio di origine povera e popolare questo piatto, nato anch’esso per il bisogno di non buttare via nulla degli animali macellati, in questo caso agnelli, maiali e vitelli. Le parti più povere, tra cui non potevano mancare le cervella, il fegato, le animelle, i filoni ed i testicoli, furono la storica base di questa ricetta.
Una volta ricavate dalla macellazione, queste parti venivano impanate e fritte nell’olio, accompagnate tradizionalmente da un contorno di carote cotte in pentola.
Col tempo, come avvenne con la maggior parte dei piatti tipici italiani più famosi oggi, si è capito che il fritto misto avesse un gran potenziale. Iniziò così ad essere servito nelle osterie e locande piemontesi e, gradualmente, vennero aggiunti nuovi prodotti, tutti rigorosamente fritti come le carni, come svariate varietà di verdure, frutta e, addirittura dolci.
Oggi il fritto misto alla piemontese conta una vasta selezione di prodotti, variabili stagionalmente. Oltre alle portate di carne, vengono servite verdure come cavolfiori, carciofi, zucchine, melanzane, fiori di zucca; frutta come mele, pere, prugne secche e banane e dolci come amaretti, pavesini ripieni di crema di nocciole o marmellata, baci di dama e semolini dolci.
Tuttora il fritto misto alla piemontese resta un piatto mangiato esclusivamente durante i giorni di festa, un ottimo modo per rendere un pasto conviviale e abbondante; anche perché, come possiamo ben immaginare, stiamo parlando di un piatto molto calorico e abbastanza pesante, che non può essere consumato con troppa frequenza.
Sebbene le proposte di fritto misto siano svariate in terra piemontese, non è facile trovarne di fatti bene e di alta qualità, soprattutto se si punta al risparmio.
Il motivo è molto semplice: la frittura sembra, apparentemente, un metodo di cottura molto semplice da realizzare. La realtà dei fatti, però, è ben diversa, perché sono molte le accortezze da usare quando si frigge.
Oggi i ristoranti gourmet analizzano attentamente ciascun prodotto che dovranno friggere e a ciascuno attribuiscono un olio diverso e una copertura diversa (che può essere una panatura o una pastella). In questo modo riescono a valorizzare al massimo ciascun ingrediente del fritto misto.
Tra le sagre o feste da segnalare: la ricorrenza de “Il gran fritto misto alla piemontese” di Vigliano d’Asti (AT), che si svolgerà sabato 12 e domenica 13 novembre, ossia il prossimo weekend, consentirà di cenare o pranzare con questo splendido piatto e altri tipici prodotti piemontesi.
Il fritto misto alla piemontese riflette alla perfezione l’intera cucina regionale italiana: ingredienti poveri, di recupero, che vengono trattati divinamente dalle preziose mani delle nonne che hanno la pazzesca abilità di trasformarli in piatti che, secoli dopo, sono diventati iconici e rappresentano, a volte, la nostra Nazione nel mondo.
Per questo motivo, quando sarete seduti al tavolo di una tipica osteria piemontese, con un buon calice di barbera e un abbondante piatto di fritto misto, non pensate solo a riempire la pancia, vivete il momento con passione e tanto rispetto per chi, con umiltà e tanta esperienza, ci ha donato questo immenso patrimonio.